Sul sito http://www.volontarilametini.org è stata inserita la mia esperienza nell’associazione VoLa (Volontari Lametini) e nel volontariato in generale. Ho deciso di inserirla anche nel blog 🙂
Il volontariato è per me un percorso iniziato 9 anni fa, quando la mia amica mi propose di partecipare a un corso di formazione per volontari ospedalieri. Fino ad allora ricordo del malessere che provavo entrando in ospedale, anche solo per andare a visitare un parente o un amico ricoverato. I camici bianchi, l’odore, la sofferenza dell’ambiente ospedaliero mi facevano quasi paura, mi scoraggiavano tanto da stare male. Eppure, spinta dalla presenza della mia amica e con l’aiuto delle meravigliose persone che ho conosciuto, sono riuscita a superare questa resistenza e a trasformare il mio disagio in momenti di gioiosa condivisione e compagnia con gli ammalati e i colleghi volontari. Da allora il mio cuore si è riempito di sorrisi, di “grazie” sussurrati, di esperienze, di fede e di coraggio trasmessomi dai degenti. Da allora ho imparato a non dare niente per scontato e ad apprezzare le piccole cose del quotidiano. Il volontariato mi ha insegnato quanto siano importanti l’ascolto e la condivisione, aiutandomi a staccarmi, in quei momenti, da un modo di vivere frenetico e pieno di tensioni. Certamente, ho sempre ricevuto più di quanto ho dato.
Il mio percorso non è comunque stato sempre facile o in discesa: non sono mancati i momenti difficili e le pause dal servizio. Mantenere la costanza nel tempo è la parte più difficile, soprattutto quando nella propria vita privata arrivano quei momenti di sconforto, di apatia, in cui a sollecitarci mancano l’entusiasmo, l’emozione, la volontà. Non sono poi mancati impegni o problemi, e piuttosto che accostarmi al letto degli ammalati appesantita dalla stanchezza e dal senso di routine, ho preferito in certi momenti rinunciare a offrire la mia presenza in ospedale. In questi casi mi è certamente stato d’aiuto il confronto con gli amici volontari, nelle riunioni e nei momenti di socializzazione. In base alle proprie esperienze, ogni membro dell’associazione si rivela un confidente prezioso, da cui imparare e ricevere consigli. Ho imparato che non devo aspettare un domani o un evento eclatante per rinnovarmi e ritrovare la voglia di sorridere. Il sorriso è contagioso, e soprattutto non è riservato solo alle persone felici. Insistendo e perseverando, il sorriso può aiutare a ritrovare la forza, scacciando la tensione e la solitudine.
Ricordo un periodo per me particolarmente difficile, quando conobbi un uomo ricoverato nel reparto di chirurgia che era molto malato. Insieme alla mia amica andavamo a trovarlo tutte le settimane, e cominciammo ad affezionarci a lui, così che cominciai a stare male nel vederlo soffrire. Spesso avverto questa paura di essere coinvolta nel dolore dei pazienti al di là della mia capacità di sopportazione, o di venire a conoscenza di fatti tragici con la consapevolezza di non poter intervenire o di non essere all’altezza di offrire una valida assistenza. L’associazione è venuta in mio soccorso ancora una volta, in particolare devo ringraziare il volontario e segretario dell’associazione VoLa, Vincenzo Nicastri, che mi ha fatto capire l’importanza del prendere coscienza dei problemi dell’ammalato senza però viverli e soffrirli. E’ importante frenare l’emotività, non chiedersi il perché degli avvenimenti, offrire il proprio tempo all’ammalato senza viverne le tensioni, soprattutto perché, lasciandosi coinvolgere, verrebbe meno l’utilità della presenza del volontario. A tal proposito, ho notato essere di grande aiuto per me il fatto di indossare il costume da clown in corsia. Da quando con l’associazione VoLa ho iniziato la bellissima attività della clown therapy nel reparto di pediatria, sono riuscita a “difendermi” dal coinvolgimento creando un personaggio :il clown altro non è che una maschera, e indossandola infatti il mio nome diventa “Cip”, e questo mi consente in un certo senso di portare tutto su un piano immaginario, come se fossero i piccoli pazienti a entrare nel mio mondo, nel mondo dei clown, e non io nel loro. Essere clown significa riscoprire il bambino che è in te, significa sviluppare la fantasia e la creatività, anche se per riuscirci è importante liberarsi dai pregiudizi e dalla vergogna di indossare un buffo vestito e il naso rosso. Fare clown terapia è, ancora una volta, un modo per arricchirsi donando se stessi: mi sono ritrovata a battere il cinque a un bambino che pur di assistere allo spettacolino dei pagliacci si è fatto portare dalla mamma nella sala grande del reparto con tutta la flebo, e la sua gioia è diventata la mia. Mi sono emozionata nel vedere un piccolo paziente farsi strada tra la gente per riuscire ad avere un fiore di palloncini da regalare alla sua mamma. Mi sono sentita al settimo cielo cantando a una signora ricoverata che lei è “una di noi” dopo che ha indossato anche lei il naso rosso e ha sorriso.
Ringrazio l’associazione VoLa e tutte le persone che hanno condiviso e condividono oggi con me questo percorso impegnativo ma soprattutto gratificante ed emozionante.